Riapriamo il capitolo della “Resilienza” per raccontarvi una storia ed una testimonianza forte e delicata.
Una storia dove la conquista dell’indipendenza e di una vita indipendente è un cammino faticoso ma che alla fine può dare grande soddisfazione. Lo sa bene la protagonista della nostra rubrica: Elena Rasia, 33 anni, giornalista pubblicista. Sin dalla nascita convive con una paralisi cerebrale che la porta a fare i conti con alcuni limiti fisici. La buona notizia è che non le manca il coraggio per affrontare limiti e preconcetti.
Tanto da decidere di lasciare la casa dei suoi genitori in Appennino per trasferirsi a Bologna, città che lei ama tanto.

UN’INDIPENDENZA VOLUTA E CONQUISTATA: L’ORGOGLIO DI ELENA
Una vita indipendente desiderata, conquistata giorno dopo giorno.
Ma c’è di più. Elena decide di dare una “luce” particolare alla sua vita con il progetto ambizioso e in evoluzione “Indi Mates” da cui nascono relazioni sociali e networking in una comunità fisica e digitale in continua espansione.
Tanti sono i motivi per cui la storia di Elena Rasia da oggi trova spazio anche nel blog di Storie di Resilienza, insieme alle storie di rinascita di Davide e Veronica.
Lo capirete meglio leggendo la sua testimonianza e a seguire l’intervista a cura di Federico Feliziani.
“Convivo con una paralisi cerebrale e un disturbo del neurosviluppo (FASD). Sono nata prematura, da una mamma tossicodipendente e alcolizzata, e sono stata poi adottata. Come dico spesso, di difficoltà ne ho superate ancora prima di venire al mondo. Ma, in un certo senso, le difficoltà le ho anche sempre cercate: nella mia vita non ho mai voluto le cose semplici.
Il trasporto riservato alle persone con disabilità per andare a scuola? No, grazie. Ho sempre preferito il treno come tutti gli altri, accompagnata da un mio compagno. I gruppi “speciali”, esclusivi e non inclusivi, per persone con disabilità? No. Ho scelto di fare gli scout, insieme a tutti gli altri ragazzi. E crescendo, quando qualcuno mi proponeva il laboratorio occupazionale, rispondevo: no, voglio altro.
Volevo prendere il tesserino da giornalista perché ho sempre amato scrivere, uscire dai percorsi “protetti” e cercare il mio spazio nel mondo reale, quello dove si sbaglia, si cresce, si conquista. Mi sono rimboccata le maniche e ho scelto di impegnarmi in ciò che amo, in qualcosa che non mi desse solo un contentino, ma che mi permettesse di mettere alla prova le mie capacità e di sentirmi davvero parte della società.
Credo che sia importante raccontare la mia storia, perché penso che le persone con disabilità debbano essere le prime a darsi da fare per vivere la vita che desiderano, e non quella che qualcun altro decide per loro. L’inclusione non è un favore: è una conquista reciproca, che nasce dal coraggio di essere se stessi, ogni giorno”.
INTERVISTA CON ELENA RASIA, GIORNALISTA
Ad un certo punto della sua vita ha preso la decisione di andare a vivere da sola e ha costruito un nuovo modello di vita indipendente. Che cosa l’ha spinta a farlo?
Ho scelto di andare a vivere da sola per disperazione, in uno dei momenti più difficili della mia vita. I miei genitori hanno più di settant’anni: mi hanno adottata già avanti con l’età e hanno sempre vissuto isolati in campagna, in una casa poco accessibile.
Stare per ore sulla poltrona mi faceva impazzire, anche perché in casa non ho mai potuto usare la mia carrozzina elettrica, che per me è sinonimo di libertà. In quel periodo, inoltre, mia mamma non stava bene, e dentro di me è nata una paura profonda: “Oddio, e se un giorno i servizi decidessero per me, scegliendo al posto mio il mio futuro? Sarebbe una tragedia…”. È stato allora che mi sono detta: “Adesso è il momento. Devo inventarmi qualcosa di alternativo, costruire una base solida nella mia città, così che nessuno possa togliermela in futuro. Un luogo dove, magari, avrò anche la fortuna di incontrare l’amore e costruirmi la vita che ho sempre sognato.”
Così è nata Indi Mates, che significa letteralmente “compagni indipendenti”. L’idea era semplice ma rivoluzionaria: offrire una stanza in cambio di un aiuto concreto, nei momenti in cui non avevo accanto la mia assistente. Darsi un aiuto reciproco, alla pari, senza contratti di lavoro nel mezzo e vivere momenti fatti anche di imprevisti e senza troppe protezioni.
Grazie a questa esperienza ho conosciuto diverse coinquiline, e con alcune di loro è nata una vera amicizia. La mia storia ha persino ispirato un film, che presto vedrete sul grande schermo. (Non voglio fare troppo spoiler!).
E oggi posso dire che quella scelta coraggiosa ha cambiato la mia vita: da quasi due anni ho trovato l’amore, e adesso conviviamo.
Condivide molti momenti della sua vita sui social. Qual è il riscontro da parte della community digitale?
Aprire “Indi Mates” al mondo è stata una delle scelte più belle della mia vita, e la rifarei mille volte. Ci sono stati momenti in cui questa realtà mi ha dato un enorme supporto, e altri in cui alcune persone hanno capito meno, come accade in tutte le community: fa parte del percorso, delle relazioni, della crescita. Ma ciò che conta davvero è che oggi sento di avere una famiglia sparsa in tutta Italia e nel mondo.
Una rete di persone che, anche se lontane, mi fanno sentire meno sola, soprattutto nelle battaglie che affronto ogni giorno. “Indi Mates” non è solo un progetto: è una casa diffusa fatta di empatia, coraggio e libertà condivisa.
Cos’è per lei la resilienza?
Non perdere la speranza.
La speranza non deve mai spegnersi, anche quando sembra tutto perduto.
Grazie ad Elena Rasia per averci raccontato la sua storia di resilienza da cui impariamo che nulla della nostra vita è scritto per sempre ma tutto può essere cambiato e rivoluzionato se lo si vuole veramente.
“se non ti piace dove ti trovi, puoi sempre spostarti, non sei un albero”.
